Trionfo tratto da 'Le Figure Parlanti'
di Gloria Deandrea

 

 

disegno di presentazione di Anna Forlati

 

Due
Sul doppio
Due son le figure che prendon forma
dallo specchio, dall'acqua e dai gemelli;
proiezioni di volti traccian l'orma,
ognun vede se stesso, le proprie pelli.
Il doppio ci completa, è altro io
oppure il nostro inverso d'oblio.

 

Sul doppio, in psicologia
Due enuncia la scienza della psiche:
esser se stessi o altra persona?
Sentimenti, affezioni antiche,
capir l'intelletto, la propria icona.
Il super-io registra il valore
con l'etica è giudice censore.

 

Sui tipi, in antropologia
Due maschere abbiam d'aggregazione
che studian l'uomo nella sua essenza:
la rituale danza d'iniziazione,
culti funebri, presa di coscienza.
Tra cerimonie, segrete società,
il passaggio è compiuto a metà.

 

Sulla vita
Due volte non t'è concesso nascere
e due volte neppure puoi morire,
sempre due son le condizioni vere
di vita: mente, cuore, suo sentire.
Infine, in due, puoi sempre amare
e, non ti scordar, altra vita dare.

 

Sull'ambiguità
Due son facce di chi non puoi fidarti
quelle che, si sente, la bocca prega,
la man ammazza da ambo le parti,
principio/fine, l'alfa e l'omega.
D'angel parole, volto di miele
unghie da diavolo, cuore di fiele.

 

Sull'aiuto reciproco
Due mani: 'una mano lava l'altra
e tutte e due lavano il viso'
la mandritta come sempre è scaltra
la mancina del simile avviso.
Collaborare dà grande vantaggio
fa funzionare l'intero ingranaggio.

 

Sull'equilibrio
Due pesi due misure son usati
quando il giudizio si vuol diverso
per uomini che ugualmente nati
il verdetto risulta controverso.
Alla legge sono pari suppergiù
ma alcuni lo sono ancor di più.

 

Le figure parlanti risponde al titolo di una serie di trionfi dedicati al numero due, il cui utilizzo letterario spazia in diversi ambiti, tra i quali si ricorda, oltre alla narrativa, il mondo delle arti visive e performative, quindi dello spettacolo, con specifica attenzione al teatro, la filosofia, l'antropologia, la psicanalisi, e diverse altre discipline. Grazie a tali figure, non necessariamente antropomorfe, bensì identificate tra quelle entità che propongono una lettura attenta dell'uomo nella sua integrità, quindi, le proprietà intellettive e fisiche che gli appartengono, i sentimenti provocati dalle suddette componenti, e le capacità concrete e materiali da esse scaturite, grazie a tali figure, l'analisi dell'uomo è fattibile attraverso l'analogia che intercorre tra gli elementi designati e il numero sopra citato.

 

L'endecasillabo è un verso di undici sillabe metriche, con accento principale obbligato in 10ª posizione. Tradizionalmente, viene considerato il verso 'principe' della metrica italiana, quello più versatile, duttile e maestoso. In funzione della posizione dell'accento nell'ultima parola del verso, si distinguono endecasillabi piani, quando l'accento di decima cade sulla penultima sillaba dell'ultima parola del verso; tronchi, quando l'accento cade sull'ultima sillaba; sdruccioli, quando l'accento cade sulla terz'ultima sillaba. L'articolazione ritmica dell'endecasillabo prevede, oltre all'accento fisso di decima, almeno un accento principale di sesta o di quarta. Nel primo caso (6ª, 10ª) si parla di endecasillabo a maiore, generalmente considerato più solenne, nel secondo (4ª, 10ª) di endecasillabo a minore, più pacato ed intimista. Un esempio esplicativo su tutti, è prelevato dai primi versi della Divina Commedia di Dante:
Nel mezzo del cammìn di nostra vìta  Inferno – canto I, verso I (a maiore)

Mi ritrovài in una selva oscùra  Inferno – canto I, verso II (a minore)
in ogni caso, al di fuori delle regole accentuative, il distribuirsi di eventuali altri accenti secondari all'interno dell'endecasillabo, è libero. Oltre a ciò, si evidenzia il fatto che l'endecasillabo è il verso unico di molte forme liriche e narrative, come il sonetto, ed altre strutture, quali, la canzone e la ballata. Si parla, inoltre, di endecasillabi 'sciolti' (assenza di rima) in molta poesia teatrale. Quest'ultimi, sono già presenti nel medioevo, anche se, ufficialmente, il metro, si affaccia sulla scena letteraria nel primo cinquecento, consolidando la sua fortuna in epoca più recente. Tale metro, è tipicamente usato per le traduzioni (vedi Iliade e Odissea) e per i poemi didascalici.