Analisi dell'opera
di Gloria Deandrea

 

 

Colonnello Walter Kurtz, interpretato da Marlon Brando, nella pellicola 'Apocalypse Now', di Francis Ford Coppola, del 1979, liberamente ispirata al romanzo di Joseph Conrad, 'Heart of Darkness'.

 

‘Nell’immutabilità del loro ambiente le coste straniere, le facce straniere, la mutevole immensità della vita scivolano via, velate, più che da un senso di mistero, da un’ignoranza lievemente sdegnosa; nulla è infatti misterioso per un marinaio se non il mare stesso, l’amante che signoreggia l’intera sua esistenza, imperscrutabile come il destino. Quanto al resto, dopo le ore di lavoro, un’occasionale baldoria a terra sono più che sufficienti a rivelargli il segreto di tutto un continente, e generalmente egli trova che il segreto non valeva la pena di essere conosciuto. I racconti dei marinai hanno una semplicità diretta, il cui significato sta tutto dentro un guscio di noce. In questo, però, Marlow1 non era tipico (ove si eccettui la sua propensione a raccontare storie): per lui il significato di un episodio non stava all’interno del guscio come un gheriglio, ma al di fuori, avvolgendo il racconto che lo generava come un bagliore genera tutt’attorno a sé una zona di penombra, al modo di quegli aloni nebulosi che rende talvolta visibili la spettrale luminescenza della luna.’
Joseph Conrad, 'Heart of Darkness' - 'Cuore di Tenebra' - Einaudi, Torino, 1999

 

La citazione sopra indicata permette di intuire il percorso che, intenzionalmente, Joseph Conrad propone al lettore nel momento in cui si addentra alla percezione del racconto. E’ esattamente in quell’istante che si ha la sensazione di inoltrarsi, o addirittura perdersi, all’interno di una struttura compositiva piuttosto complessa, multiforme, alquanto articolata, anche se, paradossalmente, di straordinaria semplicità discorsiva; straordinaria al punto da rendere le, comunque volute e per questo incisive, ripetizioni linguistiche, delle sfumature, o meglio coloriture di una ritmata narrazione. Poco importa quale obiettivo si sia prefissato Marlow dopo lo sbarco in Congo, o durante la sua ansiosa aspettativa nell’incontro con Kurtz2, oppure nella fase successiva di ritorno in Europa; poco importa della figura stessa di questo incredibile, spaventoso, rispettato, addirittura temuto, oscuro personaggio rappresentato da Kurtz il quale, trova collocazione migliore accanto all’immagine di un ente supremo, spirituale, trascendente, piuttosto che alla materia, al corpo, a qualsiasi elemento terreno di facile ed immediata percezione; poco importa della situazione svantaggiosa ed al limite del sopportabile, al limite della pazzia, dell’assurdo, del reale, in cui si sono trovati gran parte dei personaggi dell’opera, al limite della loro stessa presenza in scena. Ciò che ha un’importanza vitale, estrema ed assoluta è la narrazione, il racconto, la descrizione minuziosa dell’intorno; per Conrad in ‘Cuore di Tenebra’ come per altri autori ottocenteschi, Henry James3, per esempio, suo caro amico, sono di fondamentale importanza, tanto da apparire determinanti, alcuni elementi ripetutamente illustrati nell’esposizione dell’opera; il punto di vista economico che, nel caso di ‘Heart of Darkness’ si riflette nel traffico dell’avorio, il rapporto conflittuale tra gli opposti buio-luce, che si attraggono e contemporaneamente si respingono, ed ancora si inglobano e modellano l’uno all’altro, il personaggio chiave, perno della narrazione, ovviamente fantasma4, ovviamente immagine spettrale che incontra il suo opposto, il visibile e l’invisibile, l’interminabile e l’effimero, e poi ancora… l’orrore. Questo termine così drammatico, tragico, doloroso, immediatamente percepibile dal lettore, l’orrore di non si sa cosa, l’orrore di niente, oppure l’orrore, il disgusto, il terrore di ciò che si conosce bene e non si può evitare, l’orrore del proprio destino, di ciò che si è mutato o di ciò che si corre il rischio di trasformare; l’unica ed estrema soluzione possibile: la volontà di affrontare questo bramoso orrore… 'Fu come se un velo si fosse squarciato. Su quel viso d’avorio vidi dipinta l’espressione di un cupo orgoglio, di un potere spietato, di un terrore abietto - di un’intensa ed inesorabile disperazione. Stava forse rivivendo, in quel supremo istante di perfetta conoscenza, l’intera sua vita in tutti i particolari del desiderio, della tentazione, della resa finale? Sussurrando gridò a non so quale immagine, a non so quale visione - due volte gridò, con un grido che era poco più di un sospiro: “L’orrore! L’orrore!”. Con questa agghiacciante descrizione Marlow parla di un uomo, dei suoi valori, della sua forza, della lucidità mantenuta anche in situazioni così estreme, della fierezza con cui questo stesso uomo, questo spettro di uomo, affronta l’ultima prova: la fine, la sua; questo uomo porta con se un mondo oscuro, tenebroso, inquietante, più volte descritto o comunque raffigurato dall’autore come buio cosmo intorno a cui ruotano figure reali, completamente spiazzate dagli eventi, dalle circostanze, dalle situazioni incredibili, e comunque vere in cui, per volontà o per sbaglio, sono in qualche modo capitate. Gli spietati, nonché surreali mondi narrati, con o senza Kurtz, rappresentano la sottile linea che separa qualsiasi differenza da svariate identità, quella stessa linea che racchiude tutte le contrapposizioni tangibili in armonia a concordanze ipotetiche, a concordanze possibili; l’affine o il contrario, l’apparente o il vero, la luce o il buio, la luce e il buio, la luce nel buio, il buio dentro la luce, il buio sopra la luce, il buio al di là della luce, il buio oltre la luce, la luce vittoriosa sul buio, e via dicendo… provocano al lettore continue, incessanti, addirittura persistenti esasperazioni, costanti ansie e ininterrotte tensioni, ovviamente concentrate al concetto concreto, nonché fondante, di una qualsiasi immagine proiettata verso la pura, netta, mera filosofia dell’orrore. ‘A quella vista l’orrore lo afferrò alla gola, soffocando un suono che non riuscì ad emettere: la rivelata identità di quell’essere era troppo orribile per assomigliargli… e così, per Kurtz, per quell’uomo non si aprirà alcuno spiraglio di un’ipotetica luce, cadrà nel profondo delle tenebre a cui, in qualche modo, è appartenuto anche in vita, lasciando dietro di se un alone di inquietante mistero ed una quantità imprecisata di lettere custodite da Marlow, il quale, a differenza della sua voce5, tornerà dal Congo affranto, distrutto, fisicamente e psichicamente annientato, con però, la coscienza reale di dover adempiere ad un compito arduo: riportare alla vita l’immagine di un uomo. In questo racconto traspare la figura retorica del doppio, in alcune occasioni soffocato, oscuro, represso, ombroso, addirittura stroncato, in altre innalzato, luminoso, appagato, solare. Nell’opera di Conrad, questo dualismo è decisamente costruito con una struttura piuttosto complessa, meno evidente e, di conseguenza non individuabile con immediatezza; tuttavia i due attori dominanti la scena, quindi l’immagine spettrale di Kurtz e la figura narrante di Marlow, il profondo rispetto che li contraddistingue, la coscienza di trovarsi al limite del chiarore e della tenebra, suggeriscono al lettore la percezione della sottile interrelazione di entrambi, dei loro scambi, della loro dipendenza, stimolando l’evidente posizione di dominio, potere e forza di uno sull’altro, oppure di uno rispetto all’altro, soprattutto dentro e fuori l’orrore. Questo sentimento così intenso, così penetrante, così violento, rappresenta l’elemento di forza e d’unione del racconto, evidenziando la profonda ed inquietante spettralità del paesaggio di ‘Heart of Darkness’ che rimane, tutt'oggi, del tutto singolare.

 

1 Nel racconto di Conrad, ‘Heart of Darkness’, il personaggio ‘Marlow’ non corrisponde esclusivamente all’ipotetico narratore di una storia immaginaria. E’ possibile ampliare il proprio campo visivo rapportando tale attore alla realtà, individuandolo quindi, nella figura dell’autore medesimo; non a caso l’opera di Conrad pone i suoi fondamenti sulla scrittura empirica del testo, ossia su ciò che è stato vissuto in prima persona, il viaggio in Congo che Conrad stesso ha compiuto nel ruolo effettivo di capitano di lungo corso, e ciò che ne è stato documentato attraverso la stesura costante del proprio diario personale.
2 Nel racconto di Conrad, ‘Heart of Darkness’, il personaggio ‘Kurtz’ non deve essere percepito dal lettore come un attore rappresentante l’azione scenica, bensì descritto come un’entità superiore, invisibile, antimaterica, completamente astratta; entità attorno a cui si identificano individui, situazioni, eventi, circostanze che, private di questa figura comunque protagonista, non avrebbero senso, né tanto meno motivo d’esistere. Quello che si insinua per tutto il racconto, grazie al valore ed alla consistenza del ruolo di Kurtz, al punto da diventare elemento determinante della narrazione, è il dubbio; il quale permette ad autori dello spessore di Conrad di giocare sull’ambiguità appartenente ai cosiddetti ‘regimi scopici’ di cui la ‘visione barocca’ ne è un esempio eclatante.
3 Joseph Conrad e Henry James possono entrambi trovare ubicazione nella mezzeria della ‘sinusoide dei periodi storico-letterari’, tra il positivismo (corrente filosofica nata in Francia nella seconda metà del XIX secolo che, fondando la coscienza sui fatti e rigettando ogni forma di metafisica, intendeva estendere il metodo delle scienze positive a tutti i settori dell’attività umana) e l’irrazionalismo (fine ottocento, qualsiasi dottrina filosofica secondo cui il mondo si presenta come manifestazione di un principio irrazionale).
4 La fantasmagoria oltre ad indicare la presenza di elementi fantasiosi, produce una serie ininterrotta di suoni o di immagini fantastiche che eccitano esageratamente l’immaginazione; per quanto riguarda la letteratura nello specifico, la fantasmagoria stessa può essere considerata un insieme artificioso ed eccessivo, determinante per l’ottenimento, da parte dell’autore, di effetti vistosi tanto in romanzi quanto in poesie.
5 Per voce s'intende la voce di Kurtz, visto come oratore, in una parte del racconto di Conrad, in cui Marlow alla notizia (falsa) della sua morte ha quasi un’illuminazione riguardante la figura di questo complesso ed ambiguo personaggio: 'Lanciai una scarpa fuori bordo, e d’improvviso compresi che proprio questo era ciò che avevo aspettato con ansia - parlare con Kurtz. Feci la strana scoperta che non mi ero mai immaginato quell’uomo nell’atto di agire, capite, ma di discorrere. Non dissi a me stesso “Ora non riuscirò più a vederlo” né “Ora non potrò più stringergli la mano”, ma “Ormai non potrò più ascoltarlo”. Quell’uomo si presentava come una voce…’