Dialogo immaginario tra Artaud e Debord
di Gloria Deandrea

 



Mostra dedicata alla figura dell'intellettuale Guy Debord, evidenziato in rosso nel manifesto, Parigi, 2013.

 

Evento-doppio
Entra in scena Debord
Si toglie la giacca, l'appoggia sull'unica sedia presente sul palco, si accende una sigaretta, e comincia a parlare di un metodo di propaganda che testimonia l'usura e la perdita d'importanza delle sfere culturali passate, ormai obsolete.
Debord Il détournement è il contrario della citazione, dell'autorità teorica sempre falsificata per il solo fatto di essere divenuta citazione; frammento strappato dal suo contesto, dal suo movimento, e in definitiva dalla sua epoca in quanto riferimento globale come dall'opzione precisa che essa era all'interno di questo riferimento, esattamente riconosciuto o misconosciuto.
Il détournement è il linguaggio fluido dell'anti-ideologia.
Esso appare nella comunicazione che sa di non poter pretendere di detenere alcuna garanzia in se stessa e definitivamente esso è, al grado più alto, il linguaggio che nessun riferimento al passato e al di sopra della critica può confermare; mentre è al contrario la sua coerenza, in se stesso e con i fatti praticabili, che può confermare il vecchio nucleo di verità che esso restituisce.
Il détournement non ha fondato la sua causa su nulla di eterno alla sua pura verità come critica presente.
Entra Artaud
Si siede sulla giacca di Debord, lo guarda, entrambi sorridono, e prosegue.
Artaud Il teatro dev'essere considerato il doppio, non di quella realtà quotidiana e diretta di cui è a poco a poco divenuto soltanto la copia inerte, vana quanto edulcorata, ma di un'altra realtà rischiosa e tipica, dove i princìpi, come i delfini, una volta mostrata la testa, s'affrettano a reimmergersi nell'oscurità delle acque.
Ora questa realtà non è umana, ma inumana, e l'uomo con le sue abitudini e il suo carattere, dobbiamo ammetterlo, vi conta pochissimo.

 

Evento-messa in scena
La strada permette la comunicazione fra luoghi.
È un passo importante per il teatro di Artaud e per Artaud stesso, al quale viene suggerito di recitare in strada, in quella che può essere un elemento d'unione tra due città, e allo stesso tempo un limite, se considerata privata, o se improvvisamente abbandonata, lasciata bianca, ma comunque una superficie necessaria all'integrazione tra attori e mezzi, tra folla e spazio, tra vita e sogno.
È un passo altrettanto importante per Debord, per gli studi comportamentali dell'individuo in relazione al luogo, attraverso le teorie sui percorsi, sulla deriva psicogeografica, sulla volontà di perdersi e di percorrere la realtà.
La strada lastricata, asfaltata, il selciato, il ciglio, il marciapiede, l'angolo; la strada ampia, larga, curva, stretta, piana, erta, scoscesa, in salita o in discesa, principale o secondaria, statale, provinciale, comunale, maestra, regia, corrente...
È in una di queste strade, in ora di punta, che sono capitati Guy Debord e Antonin Artaud.
beeeeeeeeeeeeeeeeeep, beeeeeeeeeeeeeeeeeep, beeeeeeeeeeeeeeeeeep
ehi tu spostatiiiiiiii, ehi girati, girati, giratiiiiiiiiiiiiiiiiiii
wroooooooom, wrooooooooooooom, wroooooooooooooooooooooooooooooooooom
fiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Dove dovranno mai andare queste due figure che stanno nel mezzo, che rischiano di essere travolte? Boh?!!

 

Evento-pensiero
Entra in scena Artaud
Con occhi fieri, orgogliosi, guarda il pubblico e, dopo un istante di silenzio, spiega con chiarezza quali sono le potenzialità del teatro che gli verrà impedito di fare, ma che, con qualche variazione, promuoveranno altri al suo posto, mezzo secolo più tardi.
Artaud Dichiaratamente o no, coscientemente o no, ciò che in fondo il pubblico cerca nell'amore, nel delitto, nelle droghe, nella guerra o nell'insurrezione è uno stato poetico, una trascendente esperienza vitale.
Il teatro della crudeltà è nato per restituire al teatro una appassionata e convulsa concezione di vita; ed in questo senso di violento rigore e di estrema condensazione degli elementi scenici, va intesa la crudeltà sulla quale si fonda.
Questa crudeltà, sanguinosa se necessario, ma non di proposito, si identifica dunque con una sorta di severa purezza morale che non teme di pagare la vita al prezzo cui deve essere pagata.
Entra Debord
Si rivolge ad Artaud accennando con il capo un gesto di consenso e prosegue.
Debord L'arte può cessare di essere un rapporto sulle sensazioni per diventare un'organizzazione diretta di sensazioni superiori.
Si tratta di produrre noi stessi e non delle cose che ci soggioghino.
Conclude puntualizzando la sua volontà di autoemarginazione.
Debord Mi sono fermamente tenuto, dottore in niente, lontano da ogni parvenza di partecipazione agli ambienti che passavano allora per intellettuali o artistici.
Confesso che il mio merito a questo riguardo era assai temperato da una grande pigrizia, come pure dalle mie scarsissime attitudini ad affrontare le fatiche di simili carriere.

 

Evento-spettacolo
Artaud e Debord in strada, coinvolti dal cammino di una massa consistente e corposa che avanza con decisione verso... Verso cosa? Non si sa; entrambi i malcapitati rappresentanti di una vita altra fisicamente non vedono abbastanza lontano per capire dove porta il corteo, ma con tutti i loro sensi attivi sanno che la situazione è alquanto estrema.
Artaud, se pur affascinato dalla passione reale degli individui, ha decisamente timore di essere in qualche modo coinvolto, d'altronde dopo tutti quegli elettrochoc e la successiva malattia come lo si può biasimare; Debord meno schivo, più cosciente, promotore del Maggio '68 a Parigi e più attivo socialmente, si inserisce con dimestichezza all'interno del corteo afferrando un megafono al primo studente di passaggio e dando indicazioni precise sugli schieramenti, pur non sapendo nulla.
Bandiere, striscioni, strade bloccate, folla compatta, unita nell'avanzare contro... Contro chi? Nebbia, fumo, lacrimogeni.
aiutooooooooooooooooooooooooooooooooooo, non ci vedo piùùùùùùùù
i lacrimogeniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
aiuto, la poliziaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
sul più bello arriva sempre la poliziaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
Debord abbraccia Artaud, lo trascina via.
Il fumo investe ogni cosa: la gente, la strada, il corteo, la gente per strada che non sà nulla del corteo, i cani ed anche quei cani, tutto, proprio tutto, tutto quello che rimane è solo nebbia.

 

Evento-vita
Entra in scena Debord

Cammina fino al limite tra il palco e la platea, si ferma, si siede a terra, e nell'attimo immediatamente successivo, si sdraia sfinito; gli spettatori attoniti.
Dopo qualche istante si risiede e, con molta calma comincia a parlare della propria vita.
Debord Ciò che ha sicuramente segnato la mia vita intera fu l'abitudine di bere, acquisita nel tempo.
Due o tre altre passioni, che dirò, hanno avuto pressoché continuamente un gran posto in questa vita.
Ma quella è stata la più costante e la più presente.
Fra il piccolo numero di cose che mi sono piaciute, e che ho saputo ben fare, bere è senza dubbio quella che ho saputo fare meglio.
Sebbene abbia molto letto, ho bevuto di più.
Ho scritto molto meno della maggior parte di quelli che scrivono; ma ho bevuto molto più della maggior parte di quelli che bevono.
Entra Artaud
Si siede accanto a Debord, e con un gesto del capo accenna il proprio consenso; prosegue parlando di sé.
Artaud Se soltanto si potesse assaporare il proprio nulla, ci si potesse riposare nel proprio nulla, e questo nulla non fosse una sorta d'essere, ma non fosse proprio del tutto la morte.
È durissimo non esistere più, non essere più in qualcosa.
Il vero dolore consiste nel sentire il proprio pensiero spostarsi dentro di sé.
Ma il pensiero, come un punto, non è certo una sofferenza.
Mi trovo al punto di non essere più a contatto con la vita, ma con tutti gli appetiti dentro di me e la titillazione insistente dell'essere.
Mi resta una sola occupazione: rifarmi.

 



Man Ray, Portrait of Antonin Artaud, 1926

 

Linguaggio-doppio
L'oggetto architettonico in questione, di forma rettangolare, con uno dei lati corti arrotondato, circondato da gradinate che, in periodo ellenico, permettevano agli spettatori di assistere seduti alle gare di corsa a piedi, tale oggetto è divenuto attualmente un campo per lo svolgimento di gare sportive all'aperto; attrezzato di impianti vari, sale di allenamento e ristoro, biglietterie, spogliatoi, palestre, docce e servizi igienici, lo stadio rappresenta un luogo di incontro con frequentazione costante di sportivi e tifosi.
alèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèè, oh, oh
forzaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
alèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèè, oh, oh
Artaud, in apparenza disorientato, confuso, comunque affascinato nel vedere ed allo stesso tempo sentire un pubblico così compatto, così partecipe, trascinante ed in qualche modo trascinato, sinceramente unito nel prendere parte ad una passione collettiva: il gioco; di fronte a tutto questo, nel medesimo istante, si avvilisce, il pensiero lascia spazio alla memoria, al valore altro della parola: l'ultimo stadio, la fase terminale, il periodo di sofferenza, di malattia.
Debord, a ciò estraneo, ricorda le immagini decise, nitide e chiare dei cinesi che allo stadio, con i loro stessi corpi costruiscono il volto del regime: Mao.
Non è stato un gran bel capitare, guardandosi negli occhi, senza dire nulla, se ne vanno.

 

Linguaggio-messa in scena
Entra in scena Debord

Cammina lentamente da un lato all'altro dell'area d'azione; lo spazio non è ampio, perciò raggiunge con immediatezza ogni punto del palco, nel tentativo di provocare un ritmo continuo tra corpo e parole.
Debord Le citazioni sono utili nei periodi di ignoranza o di credenze oscurantiste.
Le allusioni, senza virgolette, ad altri testi che si sanno molto celebri, come se ne vedono nella poesia classica cinese, in Shakespeare o Lautréamont, devono essere riservate a tempi più ricchi di teste in grado di riconoscere la frase anteriore, e la distanza introdotta dalla sua nuova applicazione.
Entra Artaud
Prosegue il dialogo muovendosi anch'egli senza una traiettoria prestabilita.
Artaud Mi si potrà domandare quali sono i pensieri che la parola non riesce ad esprimere, e che possono trovare la loro espressione ideale, più che nella parola, nel linguaggio concreto e fisico del palcoscenico.
Mi sembra più urgente determinare prima in che cosa consista il linguaggio fisico, il linguaggio materiale e solido, grazie al quale il teatro può differenziarsi dalla parola.
Esso consiste in tutto ciò che occupa la scena, in tutto ciò che può manifestarsi ed esprimersi materialmente su una scena, e che si rivolge anzitutto allo spirito come il linguaggio della parola…
E prosegue, sostenendo.
Artaud Il nudo linguaggio del teatro, linguaggio non virtuale ma reale, deve permettere, facendo appello al magnetismo, nervoso dell'uomo, di violare i consueti limiti dell'arte e della parola, per realizzare attivamente, cioè magicamente, in termini reali, una sorta di creazione totale in cui all'uomo non rimane che riprendere il proprio posto fra il sogno e gli avvenimenti.

 

Linguaggio-pensiero
Improvvisamente Debord e Artaud si trovano coinvolti, inglobati, quasi soffocati da uno dei sistemi istituzionali di maggior rilievo, quello che persegue finalità educative: la scuola.
driiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiinnn, driiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiinnn
in aulaaaaaaaaaaaaaaaaaa, presto tutti in aulaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
driiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiinnn
La scuola materna, elementare, media, la scuola dell'obbligo, la scuola primaria, secondaria inferiore, secondaria superiore, addirittura secondaria di secondo grado (?), scuola pubblica o privata, scuola mista senza divisioni sessuali, scuola serale per i lavoratori, scuola speciale frequentata da portatori di handicap, scuola guida, scuola "maestra" siciliana, hegeliana, wrightiana, ana, nave scuola, aereo scuola, e così via.
Debord è immediatamente urtato; d'altronde non si è mai sentito parte di un'istituzione, anzi l'ha combattuta per tutta la vita attraverso la volontaria autoemarginazione, la costruzione di una teoria sociale rivoluzionaria, la creazione di situazioni consone agli individui, il gioco, l'ironia.
Ironia che in Artaud compare, trasformata dal teatro di vita, o dalla vita teatrale, in straordinaria drammaticità che colpisce, scuote, turba lo spettatore al punto da destare in lui una reazione istintiva; per questo: cosa ci fanno in una scuola Debord e Artaud? se ne vanno.

 

Linguaggio-spettacolo
Entra in scena Artaud

Urlando dice.
Artaud Il teatro contemporaneo è in decadenza perchè ha perduto da una parte il senso del serio, dall'altra quello del comico.
Perchè ha rotto con la gravità, con l'efficacia immediata e mortale - in una parola col pericolo.
Perchè d'altra parte ha perduto il senso autentico dell'umorismo e del potere di dissociazione fisica e anarchica del riso.
Perchè ha rotto con quello spirito di anarchia profonda che è alla base di tutta la poesia.
Entra Debord
Amplia la critica.
Debord Nello spettacolo, una parte del mondo si rappresenta davanti al mondo, e gli è superiore.
Lo spettacolo non è che il linguaggio comune di questa separazione.
Ciò che avvicina gli spettatori non è che un rapporto irreversibile al centro stesso che mantiene il loro isolamento.
Lo spettacolo riunisce il separato, ma lo riunisce in quanto separato.
Beve un bicchiere di Barolo delle Langhe e prosegue.
Debord L'alienazione dello spettatore a beneficio dell'oggetto contemplato (che è il risultato della sua stessa attività incosciente) si esprime così: più egli contempla, meno vive; più accetta di riconoscersi nelle immagini dominanti del bisogno, meno comprende la sua propria esistenza e il suo proprio desiderio.
L'esteriorità dello spettacolo in rapporto all'uomo agente si manifesta in ciò, che i suoi gesti non sono più suoi, ma di un altro che glieli rappresenta.
È la ragione per cui lo spettatore non si sente a casa propria da nessuna parte, perché lo spettacolo è dappertutto.
Ribatte Artaud, concludendo.
Artaud Lo spettatore deve essere convinto che siamo in grado di farlo gridare.

 

Linguaggio-vita
Artaud e Debord, investiti da un'anomala situazione, percorrono gli immensi e dispersivi saloni di un luogo adibito a raccolta e conservazione.
Passo dopo passo e sempre più increduli, tra gli scaffali, i computer, tavoli e carrelli, vocii, telefoni cellulari, fotocopiatrici, parlottii, monitor e scale, raggiungono finalmente lo sportello: qui, pronti a domandare in quale ambiente fossero mai capitati, vengono bruscamente interrotti dalla voce metallica di un'altoparlante.
beeeeeeeeeeeee, beeeeeeeeeeeee, attenzione pregoooooooooooooooo
gli utenti sono vivamente pregati di mantenere il massimo silenzio
in tutti i locali della biblioteca, grazie... beeeeeeeee, beeeeeeeee
No, non una fiera del libro, una biblioteca.
Luogo di raccolta di libri a disposizione del pubblico per la lettura e la consultazione, catalogati a seconda del formato, dell'argomento, dell'edizione, area di studi e ricerche; insomma, una biblioteca.
Debord si siede davanti al computer, inserisce la parola chiave Artaud e trova immediatamente Il teatro e il suo doppio Ed. Einaudi, Al paese dei Tarahumara Ed. Adelphi, Van Gogh, suicidato dalla società Ed. Adelphi (non consigliata, neppure al peggior nemico); cerca ancora, questa volta con il suo nome, gli compare la scritta rossa lampeggiante: attenzione la ricerca ha fornito un risultato nullo, ride consapevole, e divertito guarda Artaud che, in questa occasione, è lui a portarlo via.

 



Guy Debord con Michèle Bernstein, componenti del movimento artistico 'Internazionale Situazionista'.

 

Situazione-doppio
Entra in scena Artaud

Con tono profondo e pacato descrive il ricordo di un viaggio attraverso il caos.
Artaud Vi è nella Cabala una musica dei numeri, e questa musica che riduce il caos materiale ai suoi princìpi, attraverso una sorta di grandiosa matematica, spiega come la natura si ordini e diriga la nascita delle forme che estrae dal caos.
E tutto quel che vidi, mi parve ubbidire a una cifra.
Le statue, le forme, le ombre davano sempre un numero, 3, 4, 7, 8, che ritornava.
I busti di donna a tronconi erano in numero di 8; il dente fallico aveva 3 pietre e 4 fori; le forme volatilizzate erano in numero di 12, ecc.
Lo ripeto, si dica pure che quelle forme erano naturali, ma è la loro ripetizione a non essere naturale.
E, fatto ancor meno naturale, le forme del loro paese i Tarahumara le ripetono nei riti e nelle danze.
E quelle danze non sono nate dal caso, ma ubbidiscono alla medesima matematica segreta, alla medesima sollecitudine del gioco sottile dei numeri a cui l'intera sierra ubbidisce.
Entra Debord
Prosegue con il disordine.
Debord Coloro che vogliono superare il vecchio ordine stabilito, in tutti i suoi aspetti, non possono aderire al disordine del presente, anche nella sfera della cultura.
Bisogna lottare senza più attendere, anche nel campo della cultura, per l'apparizione concreta dell'ordine fluido del futuro.
È la sua possibilità, già presente fra di noi, che svaluta tutte le espressioni nelle forme culturali conosciute.
Bisogna condurre alla loro distruzione estrema tutte le forme di pseudocomunicazione, per giungere un giorno ad una comunicazione reale diretta (nella nostra ipotesi di impiego di mezzi culturali superiori: la situazione costruita).
La vittoria arriderà a coloro che avranno saputo provocare il disordine senza amarlo.

 

Situazione-messa in scena
Due donne e un pollo fanno un mercato.
In seguito alle discussioni riguardanti la volontà di non rappresentare, non mettere in scena, non rinchiudersi in un teatro, ma al contrario, di costruire quella situazione in cui ogni spettatore diventa attore, ed ogni attore si trasforma in suono, oggetto, moto, danza, fino al momento in cui non investe e si lascia investire dalla vita autentica; in seguito a tali illuminanti considerazioni Antonin Artaud e Guy Debord si trovano catapultati in uno straordinario esempio del reale...
pesce frescoooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo
prezzi stracciatiiiiii, signoriiiiiiiiiiiiii, prezzi stracciatiiiiii
merce buonaaaaaaaaaaaaaaaaaa, merce di prima qualitààààààààààààààààà
Luogo destinato alla vendita di merci, generi alimentari e di consumo vari, luogo di scambio e relazioni commerciali, luogo di incontro e di scontro per lo più verbale, al chiuso o all'aperto il mercato acquista una forza vitale autogestita da individui socialmente attivi; bancarelle, cassette, cassettine, ambulanti, ceste, cestelli, cestini, tendoni, colori, cassonetti, vigili... Vigili di chè? E poi ancora, Debord e Artaud, mischiati alla gente che contratta un prezzo troppo alto, gli odori di frutta e pesce, verdura e fiori, e ancora, e poi ancora, Debord che con Artaud, entrambi perplessi e affascinati dal caso, pensano l'uno alle potenzialità artistiche dell'uomo, l'altro alla sua interazione con la scena...

 

Situazione-pensiero
Entra in scena Debord
Si siede. Con un atto consueto si pulisce gli occhiali tondi, di montatura scura e sottile, quelli tipicamente intellettuali; accavalla le gambe, si accende una sigaretta e con grande convinzione, spiega.
Debord Cos'è, in effetti, la situazione?
È la realizzazione di un gioco superiore, con più esattezza, è la provocazione a quel gioco che è la presenza umana.
I giocatori rivoluzionari di tutti i paesi possono unirsi nell'I.S. per cominciare ad uscire dalla preistoria della vita quotidiana.
Entra Artaud
Rivolge le sue osservazioni all'uomo, al suo ruolo all'interno del contesto teatrale.
Artaud Il teatro deve ricercare con tutti i mezzi una riaffermazione non soltanto di tutti gli aspetti del mondo oggettivo e descrittivo esterno, ma del mondo interiore, cioè dell'uomo metafisicamente considerato.
Solo così, crediamo, si potrà ancora riparlare a teatro dei diritti dell'immaginazione.
Né l'umorismo, né la poesia, né l'immaginazione hanno alcun significato se non pervengono, attraverso una distruzione anarchica atta a produrre un prodigioso volo di forme che costituiranno tutto lo spettacolo, a rimettere organicamente in discussione l'uomo, le sue idee sulla realtà, la sua poetica nella realtà.
Conclude Debord. 
Debord Il ruolo di situazionista, di dilettante-professionista, di anti-specialista è ancora una specializzazione fino a quel momento di abbondanza economica e mentale in cui tutti diventeranno artisti, in un senso che gli artisti non hanno raggiunto: la costruzione della loro vita.

 

Situazione-spettacolo
Odori bizzarri, mischiati tra loro, odori curiosi, quasi nauseanti, plastica, neon posizionati in modo da far sembrare il disagevole contesto estremamente igienico, tavolini e sedie progettati per la scomodità incalzante che dura il tempo necessario al consumo di un menù, patatine fritte a volontà, sconti su hamburger, cheeseburger, bigburger, su qualsiasi cosa terminante in burger: siamo da mc donalds.
patatineeeeeeeeeeeeeee, patatineeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee
menù numero unooooooooooooooooo, numero unoooooooooooooooooooooooooo
menù doppioooooooooooooooooooooooooo, mc menùùùùùùùùùùùùùùùùùùùùùùùù
Debord e Artaud in fila, vengono circondati da bambini urlanti, desiderosi di palloncini colorati e giochi in scatola, pressati dai loro genitori che tentano di leggere il prezzario, e anche da qualche turista che trova nella catena alimentare una certezza, una garanzia, di che cosa poi? Non si sa.
Finalmente giungono alla cassa, innervositi e stanchi dalla situazione, ordinano i menù, e si siedono a quegli orribili tavolini per consumare il loro altrettanto orribile pasto.
Debord, urtato, osserva le salsine confezionate, ne prende una, la poggia a terra e la schiaccia con il piede schizzando di kechup i passanti; Artaud, per un istante lo guarda interdetto, poi prosegue l'azione, e finito il gioco e le salsine, provano a mangiare pensando che di qualcosa si deve pur morire... un'altra volta? Se ne vanno senza aver toccato nulla.

 

Situazione-vita
Entra in scena Artaud

Si massaggia i capelli, quelli che gli sono rimasti e pone al pubblico una riflessione profonda.
Artaud Tutte le nostre idee sulla vita devono essere riesaminate, in un'epoca in cui niente aderisce più alla vita.
È questa penosa scissione a provocare la vendetta delle cose: la poesia che non è più in noi e che non riusciamo più a ritrovare nelle cose, torna a scaturire d'un tratto dalla parte sbagliata; mai in precedenza si erano visti tanti delitti, la cui gratuita bizzarria può essere spiegata soltanto con la nostra impotenza a possedere la vita.
Entra Debord, evidenzia, manifesta l'impegno, suo e dei suoi compagni di viaggio, nel reale tentativo di costruire una situazione di vita, spiega.
Debord Il finale tradizionale dell'estetica è quello di far sentire, nella privazione e nell'assenza, taluni elementi passati della vita che, attraverso una mediazione artistica, sfuggirebbero alla confusione delle apparenze, essendo quindi l'apparenza ciò che subisce il regno del tempo.
Il grado della riuscita estetica è commisurato, dunque, ad una bellezza inseparabile dalla durata e che tende addirittura ad una pretesa di eternità.
Il fine dei situazionisti è la partecipazione immediata ad un'abbondanza di passioni della vita, attraverso il cambiamento di momenti deperibili deliberatamente predisposti.
La riuscita di questi momenti non può consistere in altro che nel loro effetto passeggero.
I situazionisti considerano l'attività culturale, dal punto di vista della totalità, come metodo di costruzione sperimentale della vita quotidiana, permanentemente sviluppabile con l'estensione del tempo libero e la scomparsa della divisione del lavoro (a partire dal lavoro artistico).

 



Man Ray, Portrait of Antonin Artaud, 1926

 

Società-doppio
Un'area fuori dal centro antico, fuori dalle stratificazioni edilizie successive, fuori dalla periferia urbana, fuori, assolutamente ed inevitabilmente fuori da ogni zona vitale della città; in quest'area fuori, nel mezzo di niente, si erge il monolite del millennio, l'architettura anni ottanta, l'operazione di concentrazione economica delle masse, la piramide del duemila: il centro commerciale.
bla, bla, bla, bla, bla, pizzaaaaaaaaa, bla, bla, bla, bla, bla
bohhhhhhhhhhhhhhhh, bahhhhhhhhh, maaaaaaa, cd scontatiiiiiiiiiiiiiii
polloooooooooooooooooooooooooooooooo frittoooooooooooooooooooooooooo
blaaaaaaaaaaaaa, blaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa, blaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
Brusii, mormorii, fruscii, bisbiglii di gente che parla di detersivi, televisori, vestiti, niente, computer, patate, birra, scarpe, slip, ancora niente, lavatrici, videocassette, macchine da cucire, collant, ma soprattutto niente.
Artaud, tra il perplesso e lo sconcertato, osserva l'esempio eclatante di dirompente evoluzione o involuzione della società occidentale postbellica, votata alla legge del mercato, alla vendita concentrata di qualsiasi merce che globalmente può portare abbondanza economica e produttiva, a discapito della qualità, d'altronde è sempre stata marginale.
Quanta gente, quanta gente potrebbe vedere lo spettacolo, certo lo spazio non mancherebbe...
Debord incazzato, forse ha fatto bene a spararsi, in fondo la rivoluzione non si è compiuta; prende Artaud di forza e se ne vanno.

 

Società-messa in scena
Entra in scena Artaud

Si inginocchia. Il viso magro, scavato, smunto, con contrasti cromatici netti, marcati dal trucco e dall'illuminazione fissa proveniente dal basso e diretta su un volto teatralmente bianco, evidenza il suo disappunto, la sua passione, la sua rabbia.
Artaud Non si può continuare a prostituire l'idea di teatro, poiché il suo valore risiede esclusivamente in un rapporto magico e atroce con la realtà e con il pericolo.
Silenzio; con gesti tanto lenti quanto drammatici, si alza, si sposta, e prosegue.
Artaud In materia di messa in scena e di criteri di impostazione ci affidiamo spavaldamente al caso.
Nel teatro che vogliamo fare, il caso sarà il nostro Dio.
Entra Debord
Collocandosi nello stesso punto.
Debord
Concentrando in sé l'immagine di un ruolo possibile, la vedette, la rappresentazione spettacolare dell'uomo vivente, concentra dunque questa banalità.
La condizione di vedette è la specializzazione del vissuto apparente, l'oggetto dell'identificazione alla vita apparente senza profondità, che deve compensare la polverizzazione delle specializzazioni produttive effettivamente vissute.
Le vedettes esistono per far figurare dei tipi variati di stili di vita e di stili di comprensione della società, liberi di esercitarsi globalmente... L'agente dello spettacolo messo in scena come vedette è il contrario dell'individuo, il nemico dell'individuo per sé altrettanto evidentemente che per gli altri passando nello spettacolo come modello d'identificazione, egli ha rinunciato a ogni qualità autonoma per identificarsi alla legge generale dell'obbedienza al corso delle cose.

 

Società-pensiero
Apertura, snodo, incontro di vie, spesso con una fontana al centro, con siepi intorno, con panchine del benestare, oppure spoglia da questi accessori urbani, ma arricchita da un elemento architettonico, comunque consistente: la pavimentazione; pavimentazione che in alcuni casi differisce nettamente e con violenza dal raccordo a corsi confluenti, in altri si amalgama in modo omogeneo, in altri ancora si modella al territorio.
La piazza, considerata un punto focale della città, luogo d'incontro, d'attesa, d'intrattenimento, luogo del sociale.
mamma, mammaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
venite, venite, signoriiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
veniteeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee a vedere il teatro di marionetteeeeeeeee
mammaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa, andiamo?!
La piazza è e rimane la zona di circolazione delle differenze, delle idee, dei pensieri più disparati; quale area migliore della città può affascinare, contenere ed allo stesso tempo amalgamare attori, registi, pubblico, autori e rappresentazioni teatrali con la stessa intensità? Quale?
Artaud e Debord in piazza, seduti su una di quelle panchine del benestare, fermi, immobili osservatori di ciò che prende possesso, se pur per un momento, del loro pensiero; il palco è lì, non deve neanche essere montato, è già lì e anche gli spettatori ci sono, le luci, mancano soltanto i costumi ed il teatro portatile è già in scena.

 

Società-spettacolo
Entra in scena Debord

Si asciuga il viso con un fazzoletto rosso, si sbottona la camicia, si beve un altro bicchiere di Barolo delle Langhe, e dice.
Debord Lo spettacolo è l'affermazione dell'apparenza e l'affermazione di ogni vita umana, cioè sociale, come mera apparenza.
Ma la critica che raggiunge la verità dello spettacolo lo scopre come la negazione visibile della vita; come una negazione della vita che è divenuta visibile…
Prosegue con tono sempre più elevato.
Debord Lo spettacolo si presenta come un'enorme positività indiscutibile e inaccessibile.
Esso non dice niente di più di questo: ciò che appare è buono, ciò che è buono appare.
L'attitudine che esso esige per principio è questa accettazione passiva, che ha di fatto già ottenuto con il suo modo di apparire senza repliche, con il suo monopolio dell'apparenza.
Entra Artaud
Focalizzando la critica al teatro.
Artaud Dato il teatro che siamo abituati a vedere, sembrerebbe che nella vita tutto si riduca a sapere se faremo bene l'amore, se andremo in guerra o se saremo talmente vili da fare la pace, se e come sapremo adattarci alle nostre piccole angosce morali, se prenderemo coscienza dei nostri complessi (per usare un termine del linguaggio dotto) o se invece tali complessi non ci soffocheranno.
È raro, d'altronde che il dibattito s'innalzi sino al piano sociale, e che si intraprenda un processo al sistema sociale e morale vigente.
Il nostro teatro non arriva mai a domandarsi se questo sistema sociale e morale non sia per caso iniquo.
Ora, io sostengo che l'attuale situazione sociale è iniqua e meritevole di essere distrutta.
Se è compito del teatro occuparsene, lo è ancor più della mitragliatrice.

 

Società-vita
rrrrrrrrrrrrrrrrrrrr, rrrrrrrrrrrrrrrrrrrr, rrrrrrrrrrrrrrrrrrr
triiiiiiiiiiiii, triiiiiiiiiiiiii, triiiiiiiiiiiiii, triiiiiiiiiiiii
uuuuuuuuuu, uuuuuu, uuuuuuuuuu, uuuuuuuuuuu, uuuuuuuuuuuuu, uuuuuuuu
grarrr, grarrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr, grarrrrrrrr, grarrrrrrrrrrr
Debord cammina in questo spazio aperto e contemporaneamente chiuso, ovvero aperto al pubblico entro un certo limite, oltre il quale la sola immagine concreta, la sola prodotta in sequenza costante dalla mente è: la sbarra, la recinzione, il limite; lo sguardo incredulo, scettico, a tratti infastidito di Debord incontra quello rabbioso e furibondo di Artaud, il quale inizia a porsi alcuni quesiti riguardanti se stesso ed il suo compagno di viaggio, e constata che il loro percorso, la loro appassionata ricerca di uno spazio di rappresentazione, i loro tentativi di inserimento di uno spettacolo in un contesto non particolarmente teatrale, non è un caso.
Non è un caso che abbiano percorso ambienti estremamente coinvolgenti, oppure senza alcuna affinità alle loro intenzioni, come il malcapitato o malcapitati loro, malcapitati tutti, insomma il luogo in cui si trovano in quell'istante: lo zoo.
Artaud sempre più instabile emotivamente comincia ad aprire le gabbie, gli animali escono correndo all'impazzata ovunque, Debord tenta di fermare il gesto estremo del suo compagno, anticipando le successive conseguenze, ed il futuro arresto; all'istante pensa che non è un problema, in fondo non sarebbe la prima volta: aiuta Artaud.

 



Guy Debord ripreso in un istante di lavoro

 

Tempo-doppio
Entra in scena Debord

Comincia a parlare del reale.
Debord Non si può opporre astrattamente lo spettacolo e l'attività sociale effettiva; questo sdoppiamento è esso stesso sdoppiato.
Lo spettacolo che inverte il reale è effettivamente prodotto.
Nello stesso tempo la realtà vissuta è materialmente invasa dalla contemplazione dello spettacolo, e riproduce in se stessa l'ordine spettacolare portandogli un'adesione positiva.
La realtà oggettiva è presente da entrambi i lati.
Ogni nozione così fissata non ha per fondo che il suo passaggio nell'opposto: la realtà sorge nello spettacolo, e lo spettacolo è reale.
Questa alienazione reciproca è l'essenza e il sostegno della società esistente.
Entra Artaud
Con impeto partecipativo prosegue la discussione affrontando un tema a lui particolarmente caro, la sua vita.
Artaud Questa faccenda porta un nome: affatturamento generale, e tutti vi partecipano poco o tanto, un giorno più l'altro meno, ma pretendendo di non saperlo, e volendo nascondere a se stessi di parteciparvi una volta con l'inconscio una volta con il subconscio, e sempre più con tutta la coscienza.
Lo scopo di queste fatture è d'impedire un'azione intrapresa da anni e che consiste nell'uscir fuori da questo mondo che puzza e di farla finita con questo mondo che puzza.
Se otto anni fa sono stato internato e da otto anni mantenuto internato, questo dipende da una palese azione della cattiva volontà generale che a nessun costo vuole che Antonin Artaud, scrittore e poeta, possa realizzare nella vita le idee che manifesta nei libri, perché si sa che Antonin Artaud ha in sé mezzi d'azione di cui non si vuole che si serva, quando invece lui vuole, insieme a qualche anima che gli vuole bene, uscir fuori da questo mondo servile, di una idiozia asfissiante e per gli altri e per sé, e che si compiace di questa asfissia.

 

Tempo-messa in scena
Ecco catapultati Debord e Artaud all'interno dell'utopia, del non luogo, dell'abbandono fisico, concreto, materiale, ma anche sociale, lavorativo, e soprattutto temporale, di ciò che è servito all'immaginario collettivo, all'ideale, di ciò che è stato accantonato per favorire una costruzione più ampia, più consistente, più produttiva, o semplicemente per ragioni politico-militari.
Luogo di transito, di partenze ed arrivi, luogo attrezzato di mezzi di rifornimento, ricovero e manutenzione, luogo, non luogo, non più luogo, mai stato luogo: l'aeroporto dismesso.
pummmmmmmm, pummm, pummm, pummmmmmmmmmm, pummmmmmmmmmmmmmmmmmmm
frrrrrrrr, frrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr, frrrrrrrrr, frrrrrrrrrrrrrrrr
pummmmmmmmmmm, pummmmmmmm, pummm, pummmm, pummmmmmmmmmm, pummmmmmmmm
Artaud sbigottito, incredulo, gioioso, deliziato, assolutamente compiaciuto; ad un tratto vede passare davanti ai propri occhi ogni progetto mai realizzato, e contemporaneamente la possibilità di metterlo in pratica.
Debord lo osserva; capta la sua energia, la sua forza, la sua volontà di fare, ne è attratto, ma allo stesso tempo intimorito, comunque lo aiuta a provare, provare, e riprovare, lo aiuta a provare ancora, ma...
Un momento: il pubblico, dov'è il pubblico, manca il pubblico, non c'è nessuno, proprio nessuno.
Certo, è comprensibile, stanno tutti alla prevendita di uno spettacolo estivo!

 

Tempo-pensiero
Entra in scena Artaud

Si dispone nel mezzo del palco e comincia a saltare con ritmo costante, ricadendo sempre nel medesimo punto; invita gli spettatori a seguirlo e dice.
Artaud Bisogna capire che tutta l'intelligenza è solo un'ampia eventualità, e che si può perderla, non come l'alienato che è morto, ma come un vivo che è nella vita e ne sente l'attrazione e il soffio (dell'intelligenza, non della vita).
Le titillazioni dell'intelligenza e questo brusco rovesciarsi delle parti.
Le parole a mezza strada dell'intelligenza.
Questa possibilità di pensare indietro e d'inveire improvvisamente contro il proprio pensiero questo dialogo nel pensiero.
L'assorbimento, la rottura di tutto.
E improvvisamente questo filo d'acqua su un vulcano, l'esile e rallentata caduta dello spirito.
Entra Debord
Comincia a saltare, prosegue.
Debord Il movimento propriamente storico, benché ancora nascosto, inizia nella lenta e impercettibile formazione della natura reale dell'uomo, questa natura che nasce nella storia umana - nell'atto generatore della storia umana, ma la società che è allora giunta a padroneggiare una tecnica e un linguaggio, sebbene sia già il prodotto della propria storia, non ha coscienza che di un presente perpetuo.
Ogni conoscenza, limitata alla memoria dei più anziani, vi è sempre data da dei viventi.
Né la morte né la procreazione sono comprese come una legge del tempo.
Il tempo resta immobile, come uno spazio chiuso.
Quando una società più complessa giunge a prendere coscienza del tempo, il suo lavoro è anzi piuttosto di negarlo, poichè essa vede nel tempo non ciò che passa, ma ciò che ritorna.

 

Tempo-spettacolo
Una biglietteria, una prevendita, una coda di persone che occupano nella totalità lo spazio interno di un negozio, al punto da debordare, allargarsi, espandersi disordinatamente in un luogo all'aperto, vincolando tale luogo all'occupazione esclusiva di individui in attesa dell'acquisto di un biglietto per lo spettacolare evento dell'estate: dialogo tra autori, o meglio anticipatori: Artaud/Debord.
forzaaaaaaaaaaaaaaaa, siamo qui da due oreeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee
bastaaaaaaaaaaaa, muoveteviiiiiiiiiiii, vogliamo il bigliettoooooooo
non spingeteeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee
non spingeteeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee
Sorpresi, stupefatti, attòniti, sbigottiti, esterefatti, meravigliati, stupiti, muti, completamente muti; innanzi a questa evoluzione temporale della loro opera che, in qualche modo si è staccata dalla persona ed ha raggiunto un'indipendenza ed una sua evoluzione attraverso il tempo, il susseguirsi di avvenimenti, di azioni, del caso, attraverso questa avventura neanche lontanamente immaginata, gli autori rimangono muti.
La gente sta lì, vuole capire, conoscere, sentire ciò che è stato detto e, nell'istante successivo, emarginato; l'emarginazione nasce dalla cultura, dalla non volontà di cultura, dalla paura che venga intaccato un sistema politico-economico prestabilito: Artaud e Debord lo sanno bene, per questo la gente, che non è lo Stato, ma è la gente... vuole ascoltare.

 

Tempo-vita
Entra in scena Debord

Si sposta dal palco alla platea; tra il pubblico parla con tono pacato e flemmatico, nel tentativo di marcare, in un istante d'intimità, alcune considerazioni assolutamente personali.
Debord Il momento della decadenza di una qualunque forma di superiorità sociale ha sicuramente qualcosa di più amabile dei suoi volgari esordi.
Sono rimasto fedele a questa preferenza, che avevo provato molto presto, e posso dire che la povertà mi ha dato principalmente un gran lusso di tempo, non avendo da amministrare dei beni perduti, e non curandomi di reintegrarli partecipando al governo dello Stato.
È vero che ho gustato piaceri poco conosciuti da coloro che hanno obbedito alle tristi leggi di quest'epoca.
È anche vero che ho esattamente osservato diversi doveri di cui costoro non hanno neppure l'idea.
Entra Artaud
Anche lui si dirige verso gli spettatori, si siede tra loro e prosegue attaccando le organizzazioni socio-economiche. Pausa; si accende una sigaretta, e conclude.
Artaud Una rivoluzione che ha messo al vertice delle sue preoccupazioni le necessità della produzione e che insiste nel fare affidamento sul progresso meccanico, come mezzo per migliorare la condizione operaia, è per me una rivoluzione di castrati.
Ed io non mi nutro di quell'erba.
Ritengo invece che una delle ragioni principali del male di cui soffriamo sia nella frenetica esteriorizzazione e nella moltiplicazione della forza, spinta all'infinito; consiste inoltre in un'anormale facilità introdotta negli scambi da uomo a uomo, tale da non lasciare più al pensiero il tempo di riprendere radici in se stesso.

 



Antonin Artaud , nel ruolo di Marat.
L'immagine è tratta dalla pellicola 'Napoleone' per la regia di Abel Gance, 1927