Dal manifesto Ossesso nr. 21
di Gloria Deandrea

 

Honoré Daumier, Crispin e Scapin, 1864, Parigi, Museo d'Orsay.
L'opera rappresenta i due protagonisti della commedia di Molière, Fruberie di Scapin, scritta nel 1671.

 

Le figure parlanti risponde al titolo di una serie di trionfi dedicati al numero due, il cui utilizzo letterario spazia in diversi ambiti, tra i quali si ricorda, oltre alla narrativa, il mondo delle arti visive e performative, quindi dello spettacolo, con specifica attenzione al teatro, la filosofia, l'antropologia, la psicanalisi, e diverse altre discipline. Grazie a tali figure, non necessariamente antropomorfe, bensì identificate tra quelle entità che propongono una lettura attenta dell'uomo nella sua integrità, quindi, le proprietà intellettive e fisiche che gli appartengono, i sentimenti provocati dalle suddette componenti, e le capacità concrete e materiali da esse scaturite, grazie a tali figure, l'analisi dell'uomo è fattibile attraverso l'analogia che intercorre tra gli elementi designati e il numero sopra citato. È dovere ricordare, inoltre, il valore del due nella scienza matematica, come numero formato da uno più uno, ossia il doppio dell'unità, ma anche il secondo, dopo lo zero, della serie dei numeri pari; tali concetti si rendono evidenti nella grafia della numerazione romana, in quanto il segno che rappresenta il due è composto da II. Non dimentichiamo, altresì, che l'uomo, nella sua struttura fisica, presenta due occhi, due orecchi, due narici, due labbra, due braccia, due mani, due gambe, due piedi, e via dicendo. Tante sono le forme in uso nel linguaggio comune: camminare due a due, marciare per due, in fila per due; lavorare per due, fare per due, mangiare per due; moltiplicare per due, raddoppiare; dividere in due parti, dimezzare. Altre forme sono utilizzate per indicare una piccola quantità: dire due parole in confidenza; fare due passi; mangiare due bocconi. Anche a livello figurativo, attraverso il gioco delle carte, viene citato il due: contare quanto il due di briscola (contare poco o nulla); dare il due di coppe (negare o rifiutare qualcosa); dare il due di picche (eliminare dal gioco, o escludere dalla coppia). Oppure, tale numero, viene usato nell'introdurre un dilemma, in cui si sottintendono soluzioni: una delle due; o si riesce subito, o non si riesce più; via lui o via io. E ancora, parole che lo contengono: bivio, diramazione, diarchia, dicotomia, dittongo, dualismo, duello, duetto, duo. Gli esempi riportati sono solo alcuni dei molteplici aspetti riguardanti il numero due, trattato in questa sede come elemento cardine della struttura compositiva. Come si è già detto, altro elemento cardine dei trionfi è rappresentato dall'uomo, nella sua complessità. Infatti, da che mondo è mondo, quanto meno dall'esistenza dell'uomo sulla terra, gli studi realizzati sull'argomento sono molteplici, e spaziano in diversi ambiti, non solo in quello prettamente scientifico, ma, con la stessa intensità, anche in campo artistico. A tal riguardo viene riportato un esempio d'eccellenza, ben riconoscibile, tratto dal Rinascimento: l'Uomo Vitruviano di Leonardo da Vinci. Un uomo dai caratteri anatomici proporzionati, le cui 'aperture', le cui misure, sono messe in relazione alle figure geometriche di cerchio e quadrato, l'uno simbolo di unità con la natura (si pensi alle rotondità dei pianeti presenti nel sistema solare), l'altro di razionalità umana (la forma pura del quadrato, è costruita scientificamente; viene determinata dalla formula matematica: lato x lato. Si ricorda, altresì, che la linea retta non esiste in natura). Leonardo, attento studioso del suo tempo, perseguì con determinazione, il concetto rinascimentale di 'uomo posto al centro del mondo'. Un uomo padrone non solo del proprio corpo, bensì del proprio intelletto, cosciente delle sue potenzialità, e non timoroso di applicarle. Tale concetto, si distacca radicalmente da quello medievale di 'Dio posto al centro del mondo' che, com'è noto, governò per svariati secoli in Europa, impedendo, o perlomeno limitando, lo sviluppo scientifico. Grazie ai filologi rinascimentali, furono riprese le letture dei testi antichi, di greci e latini, però, questa ripresa, avvenne da un punto di vista prettamente analitico. Cominciarono così considerazioni più puntuali sull'uomo e sulla sua esistenza, a discapito di una lettura fantasiosa e leggendaria, tipicamente medievale. Non mancarono critiche e dibattiti accesi sulla funzione dell'uomo nel mondo. Un esempio interessante è dato dalla relazione di Erasmo da Rotterdam, erudito umanista che, in un suo testo noto, il De libero arbitrio diatribe sive collatio, tratta il tema del 'libero arbitrio', ossia il paradosso dato dalla realizzazione di opere determinate dal volere di Dio, o dalla volontà umana. Tale relazione, infervorò gli animi agevolando il dibattito, in particolare, Martin Lutero rispose sull'argomento, con meticolosità ed efficacia, attraverso il suo De servo arbitrio, evidenziando la sudditanza della volontà umana a Dio. A queste manifestazioni pubbliche, fatte da uomini colti, coscienti sia dei temi proposti che delle successive reazioni, si sono sempre affiancate, storicamente, espressioni popolari, perlopiù anonime, apparse, da notte a giorno, su statue presenti in città. Tali statue, divenute famose più degli autori dei testi a loro affissi, sono state chiamate con l'identificativo di statue parlanti. Il concetto è sicuramente un punto di partenza valido nella trattazione del tema presentato, e descrive la capacità dialettica di uno strato sociale, quello popolare, che, non privo d'ironia, segnala indignato la fatiscenza di un sistema di potere, anche ecclesiastico, sostenuto da corruzione, ingiustizia, omertà. Una forma di comunicazione paragonabile alla street art attuale, in cui, gli autori mantengono volontariamente l'anonimato. La città di Roma, detiene la paternità indiscussa del maggior numero di statue parlanti, attive soprattutto tra il XVI ed il XIX secolo, anche se, in alcuni casi, tutt'oggi operanti. A tal riguardo, si ricordano, Pasquino, la più celebre; al suo collo, venivano appese satire in versi, le cosiddette 'pasquinate' appunto, contro personaggi pubblici di rilievo. Stessa funzione rivestivano Madama Lucrezia, Marforio, il Babuino, il Facchino e l'Abate Luigi. Tutte statue ribattezzate da popolani. In particolare, tra Pasquino e Marforio, si instaurò un rapporto speciale, di corrispondenza, tanto da veder rappresentati, in giorni successivi, dialoghi 'botta e risposta' sulle questioni politico-sociali. Le statue parlanti, nel tempo, fecero così scalpore che, a partire dal XVII secolo, le 'pasquinate' si spostarono anche in altre città. A Venezia, ebbero particolare fortuna affisse al Gobbo di Rialto, statua raffigurante un uomo inginocchiato che, con la propria schiena, sostiene una scala appoggiata alla colonna, dalla quale, i banditori ufficiali bandivano le leggi. Tale statua, è tutt'ora presente nel cuore commerciale della città, anche se, per ragioni storiche, ha perduto la sua autentica importanza istituzionale, e quella di statua parlante. Sorte minore trovò il Porcellino di Firenze, in piazza della Loggia del Mercato Nuovo che, comunque, oggi riveste il ruolo di portafortuna. Altro elemento compositivo dei trionfi presenti nel progetto, è dato dal sistema metrico in uso per l'armonia dei versi. Tale partizione metrica, fondamentale per la definizione della forma di una poesia, siccome ne stabilisce versi, lunghezza, strofa e rima, con attenzione particolare alla licenza poetica, tale partizione, può passare, senza problematiche rilevanti, dall'endecasillabo, verso principe della metrica italiana, alla décima, verso ritmato e incalzante della metrica spagnola, all'assenza di versificazione, oppure a tante altre forme, a seconda delle necessità o attitudini poetiche, determinando comunque il ritmo delle figure parlanti.

 

    

    

    

 

Immagini
1 Statua di Pasquino, con le 'pasquinate' affisse alla base, III secolo aC, piazza Pasquino, Roma
2 Statua di Marforio, I secolo dC, cortile dei Musei Capitolini, piazza del Campidoglio, Roma
3 Statua del Babuino, 1576, via del Babuino, Roma 
4 Statua di Madama Lucrezia, epoca romana, Palazzo Venezia, piazza San Marco, Roma
5 Statua del Facchino, 1580, Palazzo del Banco di Roma, via Late, Roma
6 Statua dell'Abate Luigi, epoca tardo-romana, piazza Vidoni, Roma
7 Statua del Gobbo di Rialto, 1541, campo San Giacometto, Venezia (dettaglio)
8 Statua del Gobbo di Rialto, 1541, campo San Giacometto, Venezia (composizione con colonna)
9 Statua del Porcellino, 1633, piazza della Loggia del Mercato Nuovo, Firenze