Trionfo tratto da 'Le Figure Parlanti'
di Gloria Deandrea

 

 

Due
Sul teatro

Due, si vede chiaro, sono le tracce
che nel teatro portan la corona
anche se vale, tra le molte facce,
il personaggio più della persona.
Sulla scacchiera delle parole
l'attore veste l'arte dell'autore.

 

Sul teatro greco
Due, in Grecia antica sono i riti
che trattan la scena con rilevanza:
personaggi composti come miti,
e la buona cassa di risonanza.
Dialoghi e voce forgian la parte,
dando virtù alla Poetica Arte.

 

Sui generi
Due, in natura, vengon dette voci,
così i filosofi han diviso,
emozioni chiuse dentro a noci,
dolore e gioia, pianto e riso.
Il dramma spaccan; è gran sodalizio!
Tragedia/commedia traggon inizio.

 

Nella tragedia un'azione seria,
di fatti immondi, gioco d'orrori,
col personaggio pregio è materia:
rappresentare uomini migliori.
Il pensiero svela qualche difetto
sì da esporre un giudizio netto.

 

Nella commedia tutto è inganno
goffo, bizzarro, buffo, gli errori,
'brutto' non fa soffrir, non reca danno:
rappresentare uomini peggiori.
Ridicolo è senza sofferenza
ruoli modesti, privi di violenza.

 

Sul teatro 'Commedia dell'Arte'
Due, col canovaccio dei commedianti
stanno per secoli sulla ribalta
preso han la forma dei gabbasanti,
di bestia il volto; finzione alta.
Il palcoscenico offre il riso,
d'arte è: Commedia all'Improvviso.

 

Arlecchino sfoggia scimmia o gatto,
Capitan Spaventa muso di cane.
L'un movenza felina, salti, scatto
l'altro buon soldato, cuore di pane.
Poi Pantalone, uccello, pennuto,
vecchio mercante, avaro, avveduto.

 

Su Brighella c'è un duplice fatto,
comico/servo come Arlecchino,
il volto: mezzo cane, metà gatto,
furbo, bugiardo, un po' ballerino.
Del Dottore, chi ha da riferire,
sonor maiale si sente grugnire.

 

Sul medico veneziano della peste
Due, son i Dottori nella realtà
su questa arte vi è confusione,
commediante, s'è detto, uno lo fa
l'altro ha un becco da gran buffone:
copre l'olezzo degli appestati,
serba il respiro dai contagiati.

 

Di lungo saio nero va vestito
con guanti, scarpe, canna e cappello
tra i moribondi mette il dito
anche se ormai, sono al macello.
Becco d'erbe di regola celeste,
giunge pronto il dottor della peste.

 

Le figure parlanti risponde al titolo di una serie di trionfi dedicati al numero due, il cui utilizzo letterario spazia in diversi ambiti, tra i quali si ricorda, oltre alla narrativa, il mondo delle arti visive e performative, quindi dello spettacolo, con specifica attenzione al teatro, la filosofia, l'antropologia, la psicanalisi, e diverse altre discipline. Grazie a tali figure, non necessariamente antropomorfe, bensì identificate tra quelle entità che propongono una lettura attenta dell'uomo nella sua integrità, quindi, le proprietà intellettive e fisiche che gli appartengono, i sentimenti provocati dalle suddette componenti, e le capacità concrete e materiali da esse scaturite, grazie a tali figure, l'analisi dell'uomo è fattibile attraverso l'analogia che intercorre tra gli elementi designati e il numero sopra citato.

 

L'endecasillabo è un verso di undici sillabe metriche, con accento principale obbligato in 10ª posizione. Tradizionalmente, viene considerato il verso 'principe' della metrica italiana, quello più versatile, duttile e maestoso. In funzione della posizione dell'accento nell'ultima parola del verso, si distinguono endecasillabi piani, quando l'accento di decima cade sulla penultima sillaba dell'ultima parola del verso; tronchi, quando l'accento cade sull'ultima sillaba; sdruccioli, quando l'accento cade sulla terz'ultima sillaba. L'articolazione ritmica dell'endecasillabo prevede, oltre all'accento fisso di decima, almeno un accento principale di sesta o di quarta. Nel primo caso (6ª, 10ª) si parla di endecasillabo a maiore, generalmente considerato più solenne, nel secondo (4ª, 10ª) di endecasillabo a minore, più pacato ed intimista. Un esempio esplicativo su tutti, è prelevato dai primi versi della Divina Commedia di Dante:
Nel mezzo del cammìn di nostra vìta  Inferno – canto I, verso I (a maiore)

Mi ritrovài in una selva oscùra  Inferno – canto I, verso II (a minore)
in ogni caso, al di fuori delle regole accentuative, il distribuirsi di eventuali altri accenti secondari all'interno dell'endecasillabo, è libero. Oltre a ciò, si evidenzia il fatto che l'endecasillabo è il verso unico di molte forme liriche e narrative, come il sonetto, ed altre strutture, quali, la canzone e la ballata. Si parla, inoltre, di endecasillabi 'sciolti' (assenza di rima) in molta poesia teatrale. Quest'ultimi, sono già presenti nel medioevo, anche se, ufficialmente, il metro, si affaccia sulla scena letteraria nel primo cinquecento, consolidando la sua fortuna in epoca più recente. Tale metro, è tipicamente usato per le traduzioni (vedi Iliade e Odissea) e per i poemi didascalici.