Poesie
di Tania Peplis

 

 

Una marionetta dei 'Pupi siciliani' presenti nel 'Teatro di Marionette, Antonio Pasqualino', a Palermo.

 

17 marzo
Vagavo dispersa
nell'aula deserta.

Le sole Twin-Towers
assai pendenti,
mostravano appena
di star attenti.

Uscivo di stanza
marionetta assai stanca.

Incontravo serioso
al solito posto,
il matematico
assai discosto.

Salivo di piano,
vidi il prof. malsano.

Discesi di colpo
di corsa, alla tana
e trovai per fortuna
la mia amica assai sana.

Tra risate e caffè
passò la giornata
all'Italia doverosamente
dedicata.

 


La vicina
Il giorno
è sul far della sera
e io torno a casa
assai nera.

La giornata è funesta
la fame imperversa
Luca poi...
una festa!

Penso alla doccia
corro alla cena,
finalmente appoggio
la sedia alla schiena.

Ascolto piano
il noto,
triste
rumore molesto.

Ahimè, è la vecchia
col suo giornaletto!

Sorvolo
ma lei insistente,
continua
lo scampanio insolente.

Così non resisto
e apro di botto
mandandola al 'paese'
in quattro e quatrotto.

 


Impellenza
A gambe strette,
con passo esitante
andavo in quel luogo
assai poco invitante.

Osservo l'oblò
ma non sono in crociera,
non manca però il mar
mi sento mancar.

Qual drago o serpente
in quel frangente
è sfuggito di mano
a un, certo, villano?

 


Ciofeca
Andando pian piano
verso la meta
ritrovo per strada
una mezza ciofeca.

Mi giro e la guardo
un po' incuriosita
mi accorgo che osserva
assai inviperita.

Di botto intravedo
che, ahimè, per isbaglio
le ho tolto una scarpa
e la calza ha uno smaglio.

Così mi avvicino
e mentre mi scuso
mi accorgo del pelo
che esce dal buso.

E concludo ridendo,
a denti stretti,
che non donna, ma maschio
è sotto ai calzetti.

 


L'uomo di gesso
Lanciavo un bel giorno
un bianco sasso.
Salivo le scale allegra 
e di botto.
Mi ritrovai davanti 
un uomo di  gesso.

Gli dissi: 'mi scusi, avanti la prego'.
Rispose: 'grazie;
registro'.
Misuravo parole e sudore
vedevo ignoranza e
stupore.

Ricerco ogni volta
la chiave di volta
che tocchi le sue musiche,
rigide corde,
per fargli comprendere
che nell'arte, le cose son storte.

Passate son le ore
e finito è il sudore.
L'uomo di gesso
stoppa e ringrazia
lasciandomi in aula
affranta e disfatta.

 


La racchia
Amor che a nullo amato amar perdona
perché non sono nata un po' topona!!!
Che nel mar di maschi avrei nuotato
e un baldo forte giovine avrei pescato.

Invece ahimè mi guardo assai avvilita
e vedo che son racchia e rattrappita.

Amor però mi prese di costui piacer sì forte,
che maledissi assai la mia malasorte.
E invece di un bel maschio innamorato,
mi ritrovai nel letto un orco addormentato.

Forse avea sognato o più bevuto
ma un bel principe io lo avea creduto.

Ma quando al mattino
passò l'effetto del rosso vino
mi accorsi del suo aspetto assai volgare
e caddi come corpo morto cade.

 


Regina d'acciaio
Muovevo insicura
i miei primi passi
pareva di aver
nei pattini sassi.

Dondolavo piano:
ero ippopotamo nano.

Poi presi il volo
e iniziai a girare
come trottola
su tempesta di mare.

Felice e contenta
fui meno attenta e...

planai di natica
con assai dolore
e trovai poi a casa
violaceo lividore!

 


Baffetto da sparviero
In un giorno
assai normale
girava un giovine
assai perbene.

Tra aule e corridoi
le voci eran sommesse,
il brusio come di mosche.

Di colpo nel silenzio
apparve lui
il moschettiero.

Mi  prese male al sol pensiero
di quel tipo assai ciarliero.

Con stucchevole, profondo, inchino
mi baciò la mano
pericolosamente vicino.

Non riuscivo a sopportare
quel terribile suo odore.
Così corsi per le scale
cercando invano del sapone.

Mi inseguì ahimè il fellone
ma colpita da grande ardore,
lasciai l'intrepido...
al mio buon dottore.